Siamo abituati all’idea che gli stati quantistici vivano all’interno di uno spazio di Hilbert $\mathcal{H}$. Tuttavia ciò non è strettamente vero, perché all’interno dello spazio di Hilbert esistono vettori diversi ma indistinguibili, cioè vettori diversi che rappresentano lo stesso stato quantistico. Ciò che possiamo misurare sperimentalmente sono tutte le probabilità della forma:
$$P(\phi, \psi) = \frac{\abs{\braket{\phi}{\psi}}^2}{\braket{\phi}{\phi}\braket{\psi}{\psi}}\tag{*}$$
Come le misuriamo? Prepariamo un gran numero di sistemi quantistici nello stato $\ket{\psi}$. Possiamo quindi considerare un osservabile $\hat{O}$ che ha $\phi$ come uno dei suoi autostati con autovalore $\lambda$, e misurarlo su tutti i sistemi. La proporzione di sistemi la cui misurazione dà come risultato $\lambda$ è appunto $P(\phi, \psi)$.
Moltiplicando uno dei due stati per una costante complessa $c$ la probabilità rimane la stessa:
$$P(c\phi, \psi) = \frac{\abs{\braket{c\phi}{\psi}}^2}{\braket{c\phi}{c\phi}\braket{\psi}{\psi}}=P(\phi, \psi)$$
Ciò significa che siamo fisicamente incapaci di distinguere il vettore $\phi$ dal vettore $c\phi$, per cui i due vettori sono indistinguibilie rappresentano lo stesso stato quantistico.
Possiamo anche considerare la domanda opposta. Quali sono, esattamente, gli stati indistinguibili? Ovvero, qual è la relazione tra $\phi_1$ e $\phi_2$ se sono indistinguibili, cioè se per ogni $\psi$ abbiamo $P(\phi_1, \psi) = P(\phi_2, \psi)$?
La risposta è presto detta. Poiché come abbiamo visto le probabilità non cambiano se gli stati sono moltiplicati per una costante, è sufficiente considerare stati normalizzati. Per cui la condizione di indistinguibilità diventa:
$$\abs{\braket{\phi_1}{\psi}}^2 = \abs{\braket{\phi_2}{\psi}}^2$$
per ogni $\psi$. Per cui ponendo $\psi=\phi_1$ otteniamo $\abs{\braket{\phi_1}{\phi_2}}^2=1$ ovvero $\braket{\phi_1}{\phi_2}=e^{i\theta}$. Per cui abbiamo $\braket{\phi_1}{e^{-i\theta}\phi_2}=1$.
Tuttavia se $\braket{u}{v}=1$ per due stati normalizzati, allora $u = v$ poiché
$$\braket{u -v}{u -v}=\braket{u}{u}-\braket{u}{v}-\braket{v}{u}+\braket{v}{v} = 0$$
perché tutti e quattro i termini sono uguali a $1$. Segue che $\phi_2 = e^{i\theta}\phi_1$. Abbiamo dimostrato quanto segue:
Proposizione. Due vettori quantistici sono indistinguibili, cioè rappresentano lo stesso stato, se e solo se sono proporzionali.
Perciò in realtà lo spazio degli stati non è lo spazio di Hilbert $\mathcal{H}$, ma uno spazio in cui due vettori proporzionali sono identificati. Definiamo una relazione di equivalenza stabilendo che due stati sono equivalenti se proporzionali:
$$\psi \sim \phi\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,\, \leftrightarrow \,\,\,\,\,\,\,\,\,\,\, \psi = c \phi, \,\,c \in \mathbb{C}$$
A questo punto lo spazio di Hilbert proiettivo è
$$\mathcal{P} = (\mathcal{H}-\{0\})/\sim$$
Dobbiamo rimuovere lo zero perché altrimenti tutti gli stati gli sarebbero equivalenti allo $0$ e non avremmo una relazione di equivalenza; inoltre lo $0$ non è uno stato quantistico. Un elemento di $\mathcal{PH}$ è un raggio dello spazio di Hilbert, cioè è una classe di equivalenza di vettori proporzionali tra loro.
Possiamo sempre scegliere l’elemento che rappresenta il raggio come normalizzato; a quel punto l’unica libertà di scelta che rimane è una fase. Ciò ad esempio è importante nel caso degli operatori unitari che non possono cambiare la norma di un vettore.
In linea di massima lavorare con $\mathcal{P}$ è scomodo perché non è uno spazio vettoriale; per cui in genere lavoriamo con $\mathcal{H}$ tenendo a mente che stati proporzionali sono equivalenti. Tuttavia il fatto che il vero spazio della teoria quantistica è uno spazio di Hilbert proiettivo ha importanti conseguenze, ad esempio nel gruppo di simmetria della teoria, come vedremo nel prossimo articolo.