In questa serie di articoli presentiamo il formalismo dei quadrivettori, utile in relatività. Si presuppone una conoscenza basilare della relatività ristretta e dell’algebra lineare.
Abbiamo lo spaziotempo con coordinate (t,x,y,z). Nelle trasformazioni Galileiane, il tempo t è immutabile e non si mescola con lo spazio; al contrario nelle trasformazioni di Lorentz spazio e tempo si mescolano tra loro. Perciò non ha più senso tenerli separati e invece di usare un vettore solo spaziale, x=(x,y,z), torna utile includere una coordinata temporale, e definiamo:
xμ=(ctxyz)=(ctx)
dove μ è un’indice che va da 0 a 3, così x0=ct, x1=x, ecc. Il c nel tempo serve solo perché tutti gli elementi abbiano le stesse dimensioni, cioè di lunghezza. L’oggetto xμ è chiamato quadrivettore.
A questo punto possiamo introdurre anche un altro oggetto, la derivata parziale:
∂μ=∂∂xμ=(1c∂∂t∂∂x∂∂y∂∂z)=(1c∂∂t∇)
Ora, xμ ha l’indice sopra, mentre ∂μ ha l’indice sotto. C’è una differenza tra i due: xμ è detto (quadri)vettore, ∂μ è detto un covettore. Sono solo nomi diversi per dire “indici sopra” o “indici sotto”. (Qualcuno li chiama controvarianti e covarianti, ma è solo terminologia vecchia che non serve a niente). L’unica cosa che dovete ricordare è che c’è una differenza tra un oggetto con indici sopra e con indici sotto.
Una cosa fondamentale da apprendere subito è la convenzione di Einstein. Ogni volta che ci sono due indici ripetuti, uno sopra e uno sotto, c’è una sommatoria sottintesa, in questo senso:
AμBμ=3∑μ=0AμBμ=A0B0+A1B1+A2B2+A3B3
La convenzione di Einstein ha due regole fondamentali:
- Se ci sono più di due indici uguali ripetuti la formula è sbagliata.
- Se gli indici sono tutti e due sotto o tutti e due sopra, la formula è sbagliata.
Possiamo sommare anche più indici in una sola espressione, o averne alcuni non sommati. Ad esempio:
AμνBμγCν=3∑ν=03∑μ=0AμνBμγCν=A00B0γC0+A01B0γC1+A10B1γC0+⋯
Capite perché questa notazione salva parecchio spazio. In questo caso A e B sono oggetti con due indici, ovvero “matrici”.
La matrice più semplice è la matrice identità, che chiamiamo δμν:
δμν=(1000010000100001)
In termini di indici δμν=1 se μ=ν e 0 se μ≠ν. È anche chiamata “delta di Kronecker“. Ha lo stesso effetto della matrice identità:
xμ=δμνxν=xμ
In quest’ultima formula, la somma è sottintesa, come abbiamo appena visto. In termini più espliciti,
x0=δ0νxν=δ00⏟=1x0+δ01⏟=0x1+δ02⏟=0x2+δ03⏟=0x3=x0
e così via per gli altri componenti. Si può pensare a questa operazione come una moltiplicazione tra una matrice e un vettore espressa in termini di indici. Nel secondo passaggio stiamo sommando lungo l’indice ν; poiché δμν=0 se μ≠ν l’unico indice che si salva nella somma è μ.
Un’altra matrice importante è un oggetto particolare che chiamiamo metrica:
ημν=(−1000010000100001)
La metrica è importante perché possiamo usarla per alzare e abbassare gli indici nella maniera seguente:
xμ=ημνxν=(−ctx)
come potete verificare esplicitamente. Questo vale come definizione di xμ, cioè di x con gli indici sotto. Niente di speciale, solo moltiplicazione tra una matrice e un vettore. Per fortuna la metrica è diagonale quindi è facile farci i conti.
Sappiamo quindi passare da indici sopra a indici sotto, cioè sappiamo abbassare gli indici. Per fare il contrario, cioè per alzare gli indici, usiamo la metrica con gli indici sopra, cioè ημν. Poiché ημν e ημν hanno indici in posizioni diverse sono oggetti in linea di principio diversi. Possiamo provare ad alzare e abbassare gli indici in successione:
xμ=ημνxν=ημνηνγxγ
Notiamo che dobbiamo usare un indice γ: se avessi messo di nuovo μ avrei sottinteso un’altra sommatoria che non dovrebbe esserci. Quindi vediamo che il prodotto (matriciale) tra η con gli indici sotto e η con gli indici sopra agisce come la delta di Kronecker, ovvero come l’identità:
ημνηνγ=δμγ
Ovvero in termini di moltiplicazione tra matrici, ημν moltiplicata con ημν da l’identità, cioè ημν è l’inversa di ημν. Per fortuna stiamo trattando matrici diagonali, quindi:
ημν=(−1000010000100001)
che è la stessa matrice che rappresentava ημν.
Attenzione: si potrebbe essere tentati di dire che ημν e ημν siano uguali. Ciò è sbagliato. I due oggetti sono rappresentati dalla stessa matrice, ma hanno uno gli indici sotto e l’altro gli indici sopra e quindi sono concettualmente distinti. Quando scriviamo “=” nelle formule sopra, ciò che intendiamo veramente è “rappresentato da”, ma per semplicità scriviamo solo “=”. Non tenere a mente questa distinzione è causa di errori.
Adesso possiamo ad esempio ottenere la derivata parziale con l’indice sopra:
∂μ=ημν ∂ν=(−1c∂∂t∇)
Da notare che tutti questi segni negativi sono difficili da ricordare e poco utili. In termini concreti ciò significa che x è “naturalmente” un vettore (indici sopra), mentre ∂ è “naturalmente” un covettore (indici sotto), ed è così che dobbiamo ricordarli. Tutte le altre forme sono forme derivate.
Possiamo anche calcolare la “lunghezza” di un vettore:
xμxμ=ηνμxνxμ=−c2t2+x2+y2+z2
Questo è nient’altro che l’intervallo invariante in relatività ristretta. È per questo motivo che scegliamo la metrica in questa maniera.
Appunto laterale: Perché è questa la “lunghezza” del vettore? In R3 la lunghezza del vettore è il prodotto con se stesso, x⋅x. In relatività dobbiamo poter esprimere questo prodotto in termini di indici; poiché abbiamo solo x, l’unico modo di combinarlo con se stesso è di fare il prodotto di x con indice sopra e x con indice sotto, poiché nessun altro è ammesso dalle regole.
Secondo appunto laterale: La differenza tra spazio euclideo e spazio relativistico (di Minkowski) sta in quel −1 che troviamo nella metrica. Nello spazio euclideo la metrica sarebbe identica alla matrice identità, e quindi non comparirebbero i −1 quando alziamo e abbassiamo vettori e covettori, e quindi non ci preoccupiamo di distinguerli. Pertanto anche la lunghezza di un vettore diventerebbe il solito teorema di Pitagora: xμxμ=c2t2+x2+y2+z2.
Nel secondo articolo dell’introduzione spiegheremo come rappresentare le trasformazioni di Lorentz e come cambiano i concetti di velocità ed accelerazione, oltre a dare una prospettiva più generale su tutta questa faccenda.
grazie! Sto leggendo l “Fondamenti” di Einstein e, francamente, bisogna proprio capire riga per riga.