Il teorema spettrale per operatori autoaggiunti

In un precedente articolo abbiamo parlato della distinzione tra operatori simmetrici e autoaggiunti, e abbiamo menzionato che solo per gli operatori autoaggiunti vale il teorema spettrale ma non per gli operatori semplicemente simmetrici. Ad esempio, abbiamo visto che in base alle condizioni al contorno, l’impulso nella buca di potenziale può essere simmetrico ma addirittura non avere nessun autovettore.

Il problema sta nella formulazione del teorema spettrale, che in termini concreti, ad esempio in fisica, afferma che un operatore autoaggiunto ha autovalori reali e autovettori che formano una base completa dello spazio di Hilbert. Con questa definizione, tuttavia, il teorema è matematicamente falso, e infatti esistono operatori autoaggiunti che tecnicamente non hanno autovettori. Ad esempio l’operatore posizione $x$ in meccanica quantistica è autoaggiunto, e le sue autofunzioni sono tutte funzioni $\delta$,

$$x \delta(x-x_0) = x_0 \delta(x-x_0)$$

Tuttavia matematicamente queste non sono funzioni ma solo distribuzioni, e perciò non appartengono allo spazio di Hilbert. Questa situazione succede genericamente nel caso in cui un operatore autoaggiunto ha uno spettro continuo.

La buona notizia è che se ammettiamo le distribuzioni come possibili autovettori, allora il teorema spettrale torna vero (ad esempio si veda Gelfand, Generalized functions), ma le dimostrazioni matematiche sono più complesse perché non si può utilizzare il semplice concetto di spazio di Hilbert, nel quale appunto non sono ammesse distribuzioni. Perciò il teorema è moralmente vero ma bisogna stare attenti a come lo si usa per non cadere in contraddizione: ad esempio se diciamo banalmente che gli autovettori funzione delta di $x$ formano una base dello spazio potremmo perciò concludere che lo spazio ha dimensione pari alla cardinalità dei reali, mentre invece dal fatto che l’Hamiltoniana (ad esempio dell’oscillatore armonico quantistico) ha una base ortonormale numerabile concluderemmo che lo spazio ha dimensione pari alla cardinalità dei numeri naturali.

Se invece vogliamo rimanere del tutto rigorosi dal punto di vista matematico, abbiamo due possibilità. La prima è ridefinire il teorema spettrale in modo che sia vero anche nello spazio di Hilbert. In tal caso diremmo che il teorema spettrale afferma che un operatore autoaggiunto $A$ ammette una trasformazione unitaria $U$ tale che $U A U^\dagger = T$ dove $T$ è un operatore che agisce per sola moltiplicazione, ovvero $(T\phi)(x)=f(x)\phi(x)$ per ogni $\phi$ nello spazio di Hilbert. Ciò ad esempio è evidente per l’operatore posizione $\hat{x}=x$, ma in una situazione in cui l’impulso $\hat{p}$ è autoaggiunto possiamo effettuare una trasformata di Fourier e quindi nello spazio dei momenti $\hat{p}=p$ è dato semplicemente dalla moltiplicazione. Tuttavia questo risultato oscura l’utilizzo pratico del teorema spettrale.

L’altra alternativa è quella di provare a incastrare il concetto di distribuzione nello spazio di Hilbert. Ogni distribuzione può essere approssimata con precisione arbitraria da una funzione ordinaria. Perciò un operatore autoaggiunto ammetterà degli autovalori approssimati e delle autofunzioni approssimate. Ovvero ad esempio sia $f_n(x-x_0)$ una sequenza di gaussiane che approssima una funzione delta concentrata in $x_0$, e converge alla delta nel limite (che tecnicamente non esiste) $n \to \infty$. Allora diciamo che $x_0$ è un autovalore approssimato di $x$ con autovettore approssimato $f_n$, poiché

$$\lim_{n \to \infty} \norm{x f_n-x_0 f_n} = 0$$

Ovvero tecnicamente per ogni $n$ finito $f_n$ non è un autovettore con autovalore $x_0$, ma più aumentiamo $n$ migliore è l’approssimazione. Ciò implica anche che sebbene non sia possibile trovare una base di autovettori è sempre possibile invece espandere una qualsiasi funzione in una base di autovettori approssimati con un errore arbitrariamente piccolo.

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