Il teorema di Derrick è un risultato negativo che proibisce l’esistenza di solitoni sotto certe condizioni. Qualcuno lo chiama anche “teorema viriale”.
Teorema. (Derrick) Supponiamo di avere una teoria con un campo scalare $\phi: \mathbb{R}^d \to \mathbb{R}^l$ con energia
$$E[\phi] = \int d^d x\, \pqty{\frac{1}{2} \abs{\nabla \phi}^2 +U(\phi)} = T+W$$ dove $T$ include il termine di gradiente e $W$ l’energia potenziale. Supponiamo che $U \geq 0$, altrimenti aggiungiamo un’innocua costante all’energia in modo tale che lo sia. Allora abbiamo quanto segue:
- In $d=1$, un punto stazionario $\phi^*$ dell’energia soddisfa $T=W$.
- In $d=2$, un punto stazionario $\phi^*$ dell’energia soddisfa $W=0$
- In $d \geq 3$, un punto stazionario $\phi^*$ dell’energia soddisfa $T=W=0$.
Dimostrazione. L’idea è quella di riscalare le coordinate del campo. Poniamo infatti $\phi(x) \to \phi_\lambda (x) = \phi(\lambda x)$. Abbiamo:
$$W[\phi_\lambda] = \int d^d x\, U(\phi_\lambda) = \lambda^{-d} \int d^d (\lambda x)\, U(\phi(\lambda x)) = \lambda^{-d} W[\phi]$$
Alla stessa maniera abbiamo $T[\phi_\lambda] = \lambda^{2-d} T[\phi]$. Per cui in totale
$$E[\phi_\lambda] = \lambda^{2-d} T[\phi]+\lambda^{-d} W[\phi]$$
Se, come per ipotesi, per $\lambda=1$ $\phi=\phi^*$ è un punto stazionario, allora per definizione $E$ ha variazione nulla rispetto a variazioni di $\phi$ attorno a $\phi^*$. Perciò $E$ deve anche avere variazione nulla rispetto a variazioni di $\lambda$ attorno a $\lambda=1$. Abbiamo quindi
$$0 = \dv{E}{\lambda} \bigg\lvert_{\lambda = 1} = (2-d) T[\phi^*] – d\, W[\phi^*]$$
Quindi se $d=1$ abbiamo $T=W$ e se $d=2$ abbiamo $W=0$. Per $d \geq 3$ poiché sia $T$ che $W$ sono positivi per definizione e i loro coefficienti sono entrambi negativi abbiamo $T=W=0$. $\square$
Il teorema ha diverse interpretazioni in diversi casi. In $d=1$ è semplicemente un’identità che può risultare utile in alcuni calcoli. In $d \geq 3 $ poiché $T=0$ allora $\phi$ dev’essere costante, e poiché $W=0$ allora $\phi$ dev’essere uno degli zeri del potenziale $U(\phi)$. In questo caso non abbiamo soluzioni interessanti.
Il caso $d=2$ è più complesso. Abbiamo $W=0$, per cui $\phi$ dev’essere uno dei minimi di $U(\phi)$, tuttavia ora non è detto che debba essere costante perché non abbiamo condizioni su $T$. Abbiamo quindi due casi: se $U$ ha solo zeri disconnessi l’uno dall’altro, allora $\phi$, essendo continuo, dev’essere costante e uguale ad uno degli zeri. Tuttavia è anche possibile che $U$ abbia degli zeri connessi in maniera continua, e in tal caso possiamo avere una teoria non banale. Ad esempio se $\phi$ è complesso e $U(\phi) = (1-\abs{\phi}^2)^2$ allora gli zeri di $U$ sono tutti i $\phi$ della forma $\phi(x)=e^{i\theta(x)}$ per una qualsiasi funzione $\theta(x)$. In tal caso abbiamo una teoria non banale per il nuovo campo $\theta$.
Sotto quali condizioni si applica? Si applica chiaramente a tutte le teorie scalari con un funzionale di energia uguale a quello dato sopra, e quindi in particolare a teorie scalari sia relativistiche che non, purché i campi siano statici. Se i campi non sono statici (cioè hanno una dipendenza temporale) allora il teorema non si applica e possiamo avere soluzioni non banali in ogni dimensione.
Nel caso in cui il campo non sia semplicemente uno scalare oppure l’energia non abbia la forma vista sopra, bisogna considerare caso per caso tramite il riscalamento e vedere se il teorema vale o no. Famosamente Skyrme introdusse un modello con un termine quartico di derivata per evadere il teorema di Derrick, ottenendo dei solitoni detti skyrmioni.
Da un punto di vista fisico, aumentare $\lambda$ corrisponde a collassare il campo (possiamo ad esempio immaginare di collassare un vortice nel suo centro). In dimensione sufficientemente alta, sia l’energia potenziale che quella cinetica diminuiscono col collasso e quindi il collasso è favorito; mentre invece in una dimensione spaziale l’energia cinetica cresce mentre quella potenziale diminuisce, e quindi le due possono bilanciarsi.