Abbiamo visto un esempio di regolarizzazione in fisica classica. In quel caso avevamo una teoria valida solo in una certa approssimazione, ma non avevamo nessun parametro che controllasse la validità dell’approssimazione. La teoria era quindi malata e sputava infiniti, perché, non avendo controllo sull’approssimazione, provavamo ad estenderla al di là del suo campo di validità. Per curare la teoria abbiamo quindi introdotto un parametro che controlla l’approssimazione, e abbiamo visto che in questa maniera tutte le quantità fisiche rimangono finite. Qui vediamo la stessa cosa ma in meccanica quantistica. Anche questo articolo è basato su un documento di Carl Turner, che però non riesco più a trovare online.
Consideriamo un problema di sparpagliamento in meccanica quantistica in una dimensione. Ovvero vogliamo risolvere l’equazione di Schrodinger,
\begin{equation*}
\pqty{-\frac{\hbar^2}{2m} \dv{^2}{x^2} + V(x)} \Psi = E\Psi
\end{equation*} con le forme asintotiche $\Psi(x) \sim e^{ikx}+R(k) e^{-ikx}$ per $x \to -\infty$ e $\Psi(x) \sim T(k) e^{ikx}$ as $x \to +\infty$. Tipicamente ci interessa solo conoscere l’ampiezza di trasmissione $T(k)$.
A distanza sufficiente, un potenziale pari e localizzato può essere approssimato da una funzione delta, $V(x)\propto\delta(x)$. In termini di sparpagliamento, “a distanza sufficiente” vuol dire per lunghezze d’onda sufficientemente grandi. Matematicamente, un generico elemento di matrice del potenziale è dato da
\begin{equation*}
\bra{\chi}V\ket{\psi} = \int \chi(x)^* \psi(x) V(x)
\end{equation*} Scrivendo $f(x) = \chi(x)^*\psi(x)$ ed espandendola in serie di Taylor, troviamo che
\begin{equation*}
\bra{\chi}V\ket{\psi} = \int (f(0)+x f'(0) +\cdots) V(x) = f(0) \int V(x) + f'(0) \int x V(x) + \cdots
\end{equation*} Perciò vediamo che $V$ è equivalente a $c_1 \delta(x)+ c_2 \delta’(x) + \cdots$ per certi coefficienti $c_1 = \int V(x)$, $c_2 = \int x V(x)$ e così via. Quindi supponiamo di voler modellare un generico potenziale dispari nella stessa approssimazione di lunghezze d’onda grandi. In questo caso il primo coefficiente è nullo e rimane solo il secondo termine, cioè la derivata della funzione delta. Perciò possiamo approssimare $V(x) \propto \delta’(x)$.
Ora ponendo $\hbar=1$, $E=\frac{k^2}{2m}$, l’equazione di Schrodinger è
\begin{equation*}
\pqty{-\frac12 \dv{^2}{x^2} + \alpha^{-1/2} \delta’(x)} \Psi =\frac12 k^2\Psi
\end{equation*} dove $\alpha$ è una costante adimensionale che dà la forza della delta. La potenza di $-1/2$ è conveniente in seguito.
È noto che questo problema non ha nessuna soluzione, essenzialmente perché il potenziale $\delta’$ è troppo singolare. In rete si trovano un sacco di risorse al riguardo, per cui non mostreremo cosa va storto qui. Anche provando ad espandere la soluzione in una serie perturbativa nel potenziale, ad esempio nella rappresentazione di interazione, troviamo delle divergenze quando l’impulso diventa grande. In realtà queste divergenze sono abbastanza poco sorprendenti, dato che la nostra scelta del potenziale delta è un’approssimazione valida in linea di principio solo per grandi lunghezze d’onda, o alternativamente per impulsi piccoli. Pertanto non dovremmo veramente aspettarci che la nostra teoria sia valida per impulsi arbitrariamente grandi, e quindi non c’è da sorprendersi se ad un certo punto smette di funzionare.
Nonostante tutto, vogliamo comunque trovare una maniera di estrarre della fisica utile dalla nostra approssimazione. D’altronde, è inutile credere di poter inventare una teoria valida per impulsi arbitrariamente grandi. Infatti, abbiamo accesso sperimentale solo un intervallo di energie limitato, e se vogliamo fare fisica dobbiamo essere in grado di estrarre informazioni utili anche con senza poter accedere a tutto lo spettro energetico. Pertanto proviamo a regolarizzare la derivata della funzione delta,
\begin{equation*}
\delta’(x) \approx \frac{\delta(x+\Delta) -\delta(x-\Delta)}{2\Delta}
\end{equation*} L’equazione di Schrodinger con due funzioni delta può essere risolta esattamente con tecniche standard, e otteniamo
\begin{equation*}
T(k) = \frac{(2k\Delta)^2}{(2k\Delta)^2 + \alpha^{-1} \pqty{1-\exp{\pqty{4ik\Delta}}}} \approx i \alpha k \Delta
\end{equation*} L’approssimazione finale è valida per $k\Delta$ piccolo. Avevamo giustificato la forma iniziale del potenziale in base all’approssimazione per grandi lunghezze d’onda, per cui non dovremmo insistere che la formula trovata sia valida oltre quest’approssimazione. Tuttavia vediamo che la condizione di grandi lunghezze d’onda è in realtà $k \Delta$ piccolo, in termini della scala di lunghezza $\Delta$ che abbiamo introdotto per regolarizzare il potenziale. Senza regolarizzazione, non avevamo nessuna scala di lunghezza nel problema e quindi non c’era modo di capire cosa significasse che le lunghezze d’onda fossero grandi.
Abbiamo introdotto un nuovo parametro, $\Delta$, allo scopo di regolarizzare un potenziale malato. Tuttavia, il termine principale del risultato finale dipende da questo nuovo parametro. In questo senso non c’era speranza di trovare una soluzione sensata prima della regolarizzazione, perché ci mancavano delle informazioni fondamentali per il problema – cioè, in questo caso, ci mancava una scala di lunghezza per individuare cosa significasse “grandi lunghezze d’onda”.
Abbiamo iniziato con un solo parametro, $\alpha$, e ora ne abbiamo due, $\alpha$ e $\Delta$. Tuttavia, $\Delta$ è una specie di parametro microscopico che serve solo a fornire una scala di lunghezza; purché siamo nell’approssimazione adeguata, il risultato finale non dovrebbe dipendere da $\Delta$, almeno al prim’ordine. Tuttavia è abbastanza chiaro che $T(k)$ avrà una dipendenza da $\Delta$, questo a meno che non lasciamo che anche $\alpha$ dipenda da $\Delta$. D’altronde, quando abbiamo regolarizzato il potenziale non c’è nessun motivo in particolare perché la forza d’interazione non debba dipendere da $\Delta$.
Pertanto $T(k; \alpha, \Delta)$ è in realtà $T(k; \alpha(\Delta), \Delta)$. La condizione che $T$ sia independente da $\Delta$ può essere scritta come
\begin{equation*}
\Delta \dv{}{\Delta} T(k; \alpha(\Delta), \Delta) = \mathcal{O}\pqty{(k\Delta)^2}
\end{equation*} Chiaramente non possiamo aspettarci $T$ independente da $\Delta$ ad ogni ordine, anche perché la formula che abbiamo trovata è valida solo nella regione di grandi lunghezze d’onda. Quindi imponamo che $T$ sia indipendente da $\Delta$ al prim’ordine. Non è difficile indovinare la forma della funzione $\alpha(\Delta)$ che soddisfi l’equazione sopra:
\begin{equation*}
\alpha(\Delta) = \frac{\widetilde{\alpha}}{\Delta}
\end{equation*} Pertanto, in termini di un nuovo parametro $\widetilde\alpha$, che ha dimensioni di lunghezza, l’ampiezza di trasmissione è
\begin{equation*}
T = ik \widetilde\alpha + \mathcal{O}\pqty{(k\Delta)^2}
\end{equation*}La fisica di questo modello non è quindi catturata da $\alpha$, che è adimensionale, quanto da $\widetilde\alpha$, che è una lunghezza.
Possiamo quindi riformulare la discussione nel linguaggio della rinormalizzazione. Per determinare $\widetilde\alpha$ è sufficiente misurare $T(k)$ una sola volta. Dopo di ciò, possiamo utilizzare il valore trovato per effettuare predizioni di $T(k)$ per tutti gli altri valori di $k$, purché rimaniamo nella regione di grandi lunghezze d’onda. Supponiamo di misurare $T$ quando $k=\mu$. Per semplicità di interpretazione fisica, assorbiamo la dipendenda da $\mu$ in $\widetilde{\alpha}$, definendo una nuova variabile $\alpha_R(\mu)$, dove $R$ sta per “rinormalizzato”. Abbiamo
\begin{equation*}
T(\mu) \equiv i \alpha_R(\mu)
\end{equation*} La scala $\mu$ alla quale misuriamo $\alpha_R(\mu)$ è arbitraria, purché rimaniamo nelle grandi lunghezze d’onda. In termini di questa nuova variabile,
\begin{equation*}
T = i \frac{k}{\mu} \alpha_R(\mu)
\end{equation*} Qual è il risultato finale di questo processo? Avevamo una scala di lunghezza “piccola”, $\Delta$, e ora abbiamo una scala di lunghezza di “scala sperimentale” $\mu$. Invece di un parametro $\alpha$, abbiamo un parametro efficace $\alpha_R$ che è rilevante alla scala dell’interazione. Chiaramente l’espressione finale per $T$ dovrà essere indipendente da $\mu$ e ciò darà una prescrizione per il comportamento di $\alpha_R(\mu)$.