Stabilità dei punti di equilibrio di un’equazione differenziale

Supponiamo di avere un’equazione differenziale della forma

$$\dot{x}(t) = f(x)$$

Possiamo pensarla come un’equazione di evoluzione temporale; partiamo da una certa posizione $x=x_0$ e al passare del tempo $t$, la posizione $x$ evolve in modo che $\dot{x}(t) = f(x)$.

Un punto di equilibrio $x^*$ di questa equazione soddisfa $x(t) \equiv x^*$ costante, cioè $f(x^*) = 0$. In pratica se mettiamo il sistema in $x = x^*$ allora ci rimarrà per sempre.

Il problema però è che ogni modello fisico è sempre un’approssimazione di una situazione reale. In particolare potrà sempre essere leggermente perturbato rispetto alla situazione ideale descritta perfettamente da $\dot{x}(t) = f(x)$. Ad esempio se questa equazione descrive un macchinario, magari abbiamo ignorato l’attrito, oppure la possibilità che qualcuno sbatta una porta e causi una vibrazione nel macchinario. Questi sono tutti effetti in linea di principio molto piccoli, eppure possono destabilizzare un punto di equilibrio. Partendo da un punto di equilibrio $x^*$ e applicando una piccola perturbazione, abbiamo due possibilità:

  • Il sistema ritorna al punto di equilibrio. In questo caso il punto di equilibrio è stabile.
  • Il sistema si allontana dal punto di equilibrio. In questo caso è instabile.

Pertanto, in ogni applicazione reale, ci interessa non solo sapere quali sono i punti di equilibrio, ma anche se sono stabili o instabili.

Per capire ciò supponiamo che $x^*$ sia un punto di equilibrio di $\dot{x}(t) = f(x)$ e applichiamo una piccola perturbazione, cioè poniamo $x(t) = x^* + \epsilon \widetilde{x}(t)$ dove $\epsilon$ è un numero piccolo. Con ciò intendiamo che ignoreremo gli effetti di ordine $\epsilon^2$. Possiamo calcolare

$$f(x) = f(x^* + \epsilon \widetilde{x}(t)) = f(x^*) + \epsilon f'(x^*) \widetilde{x}(t)$$

ignorando termini di ordine $\epsilon^2$. Poiché $x^*$ è un punto di equilibrio, $f(x^*)=0$ e quindi nelle vicinanze di $x^*$ l’equazione diventa

$$\dot{\widetilde{x}}(t)=f'(x^*) \widetilde{x}(t)$$

La soluzione di questa equazione è semplicemente $\widetilde{x}(t) = \exp{\pqty{f'(x^*) t}} \widetilde{x}_0$, dove $\widetilde{x}_0$ è la perturbazione iniziale. Abbiamo quindi due casi:

  • Se $f'(x^*) > 0$ allora la perturbazione diventa sempre più grande e si allontana dal punto di equilibrio, che è quindi instabile.
  • Se invece $f'(x^*) < 0$ allora la perturbazione diventa sempre più piccola e ritorna quindi al punto di equilibrio, che è quindi stabile.

Nel caso in cui $f'(x^*) = 0$ non è chiaro cosa succede e bisogna andare all’ordine successivo. Chiaramente la crescita esponenziale non va presa troppo sul serio, perché la nostra approssimazione è valida solo per piccole perturbazioni. Tuttavia la conclusione qualitativa di questo approccio rimane valida.

Funzioni di più variabili

Un sistema in più variabili prende la forma

$$\dot{\mathbf{x}}(t) = f(\mathbf{x})$$

dove questa volta $\mathbf{x}$ è un vettore, e $f$ è una funzione tra vettori. Possiamo quindi scrivere in particolare

$$\mathbf{x}(t) = \begin{pmatrix} x_1(t) \\ x_2(t) \\ \cdots \\ x_N(t) \end{pmatrix}\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,\,f(\mathbf{x}) = \begin{pmatrix} f_1(\mathbf{x}) \\ f_2(\mathbf{x}) \\ \cdots \\ f_N(\mathbf{x}) \end{pmatrix}$$

dove $N$ è il numero di componenti di $\mathbf{x}$. A questo punto possiamo svolgere la stessa operazione di linearizzazione di prima, e ciò che conta è il Jacobiano della funzione $f$, cioè

$$J_f = \begin{pmatrix} \pdv{f_1}{x_1} & \ldots &\pdv{f_1}{x_N} \\ \vdots & \ddots & \vdots \\ \pdv{f_N}{x_1} & \ldots & \pdv{f_N}{x_N} \end{pmatrix}$$

Per cui l’equazione linearizzata sarà

$$\dot{\widetilde{\mathbf{x}}}(t)=J_f(x^*) \widetilde{\mathbf{x}}(t)$$

Possiamo quindi scegliere come base del sistema una base degli autovettori di $J_f$. A questo punto otteniamo una serie di sistemi del prim’ordine (caso precedente) in cui i coefficienti delle equazioni sono gli autovalori $\{\lambda_i \}$ di $J_f(x^*)$:

$$\dot{\widetilde{x}}_i(t)=\lambda_i \widetilde{x}_i(t)$$

A questo punto abbiamo quanto segue:

  • Se tutti gli autovalori $\lambda_i$ hanno parte reale negativa, $\Re \lambda_i < 0$, allora il punto di equilibrio è stabile. Infatti in questo caso ogni componente avrà come soluzione un’esponenziale con argomento negativo.
  • Se esiste un autovalore con parte reale positiva, $\Re \lambda_i > 0$, allora il punto di equilibrio è instabile. Infatti in quella direzione la soluzione tenderà ad allontanarsi dal punto di equilibrio.

Chiaramente possiamo anche avere casi intermedi: se un autovalore è nullo, dobbiamo andare all’ordine successivo. Inoltre, se alcuni autovalori sono positivi e altri negativi, il punto di equilibrio sarà stabile in certe direzioni e instabile in altre.

Equazioni di ordine più alto

Se abbiamo delle equazioni di ordine più alto, ad esempio del second’ordine, possiamo ridurle ad un sistema di equazioni del prim’ordine, e quindi ricondurci al caso precedente. Ad esempio se abbiamo l’equazione

$$\ddot{x}(t) = f(x)$$

Possiamo scrivere $y=\dot{x}$ e quindi ridurci al sistema di equazioni

$$\dot{y} = f(x)\\
\dot{x} = y$$

che può essere studiato con le tecniche di prima.

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Una risposta a Stabilità dei punti di equilibrio di un’equazione differenziale

  1. Argomentazione originale ed interessante. Esiste una versione “topologica” di questo problema, che consiste nella ricerca dei “fixed points” -> https://www.extrabyte.info/2021/10/23/configurazioni-lontane-dallequilibrio/

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