La fionda gravitazionale è una manovra orbitale che consiste nell’avvicinarsi di una navicella spaziale ad un pianeta in modo da aumentare la propria velocità. Il problema è quello di tre corpi (Sole, pianeta e nave) sotto la reciproca azione gravitazionale, che notoriamente non è trattabile in pratica. A differenza di quanto supposto nello studio del problema dei tre corpi ristretto, non è possibile ignorare l’attrazione reciproca tra il pianeta e la navicella, poiché proprio questa dà origine alla fionda gravitazionale. Dovremo quindi prendere un’altra strada: supporremo che la navicella si muova sotto la sola azione del sole tranne che per un istante in un cui avviene un urto col pianeta che ne cambia velocità e direzione.
L’animazione seguente è una rappresentazione della traiettoria della sonda Voyager 1, che ha eseguito due fionde gravitazionali, con Giove e Saturno:
Guardiamo l’immagine sopra. L’idea è quella di immaginare i pianeti e la navicella come palle da biliardo: se la navicella si trovasse esattamente davanti al pianeta al suo passaggio ci sarebbe un urto: il pianeta, con la massa nettamente più grande, cambierebbe di poco la sua traiettoria, mentre la navicella avrebbe un notevole cambiamento di velocità. In realtà la cosa avviene esattamente al contrario: poiché la forza in questione è la gravità del pianeta, se la Voyager fosse passata davanti a Giove sarebbe stata attratta e quindi la sua velocità rallentata; invece poiché gli è passata dietro, l’attrazione gravitazionale di Giove l’ha “trascinata” con sé aumentandone la velocità.
In questo articolo modelliamo la fionda gravitazionale nel modo seguente. Supponiamo che la navicella spaziale effettui un trasferimento alla Hohmann dall’orbita del pianeta di partenza all’orbita del pianeta di arrivo.
Il trasferimento alla Hohmann funziona nel modo seguente:
- la navicella si trova all’inizio nell’orbita circolare interna e quindi accende i motori per aumentare la propria velocità fino al valore necessario per entrare nell’orbita ellittica
- una volta raggiunta l’orbita circolare esterna, cioè una volta percorsa metà dell’ellisse, i motori sono accesi nuovamente per aumentare di nuovo la velocità al valore necessario per mantenere l’orbita circolare
Se progettiamo l’orbita in modo da arrivare nell’orbita esterna esattamente quando ci passa il pianeta che si trova su di essa, possiamo sfruttare la fionda gravitazionale per aumentare la velocità e cambiare traiettoria.
Possiamo derivare i vari parametri dell’orbita di trasferimento. Chiamiamo $r_1$ e $r_2$ i raggi dell’orbita interna ed esterna rispettivamente, che potrebbero essere ad esempio i raggi dell’orbita terrestre e di Giove. Questi due sono anche rispettivamente il perielio e l’afelio dell’orbita ellittica di trasferimento della navicella. Poiché l’energia della navicella è conservata, calcolandola al perielio e all’afelio:
$$E = \frac{1}{2}m v_p^2 -\frac{G M_{\odot} m}{r_1}=\frac{1}{2}m v_a^2 -\frac{G M_{\odot} m}{r_2}$$
dove $v_a$ e $v_p$ sono le velocità della navicella all’afelio e al perielio e $M_{\odot}$ è la massa del Sole. Abbiamo un’altra condizione che deriva dalla conservazione del momento angolare:
$$v_p r_1 = v_a r_2$$
Questo è un sistema di due equazioni in due incognite, per cui ricaviamo:
$$v_p = \sqrt{2GM_{\odot}\frac{r_2}{r_1\pqty{r_1+r_2}}}\,\,\,\,\,\,\,\,v_a = \sqrt{2GM_{\odot}\frac{r_1}{r_2\pqty{r_1+r_2}}}$$
$v_p$ è la velocità a cui deve essere accelerato il corpo per entrare nell’orbita ellittica, e $v_a$ è la velocità a cui si troverà il corpo subito prima della collisione.
La collisione tra il pianeta e la navicella è elastica, per cui si conservano tanto l’impulso quanto l’energia. Se $1$ è la navicella e $2$ è il pianeta:
$$m_1 v_1 +m_2 v_2 = m_1 v_1’+m_2 v_2’\\
\frac{1}{2}m_1 v_1^2 +\frac{1}{2}m_2 v_2^2 = \frac{1}{2}m_1 v_1’^2 +\frac{1}{2}m_2 v_2’^2$$
Chiamiamo $k = m_1/m_2$ e poiché $m_1 \ll m_2$, $k \ll 1$. Risolvendo il sistema otteniamo:
$$v_1’= \frac{2v_2 +v_1 (k-1)}{k+1}\,\,\,\,\,\,\,\,v_2’= v_2 + k(v_1-v_1^\prime)$$
Ci sarebbe un’altra soluzione, $v_1’= v_1$ ma corrisponde al caso senza collisione, che non ci interessa. Poiché $k$ è piccolo, la prima equazione si semplifica a:
$$v_1’= 2v_2 -v_1+\order{k}$$
Per un’astronave di $1000\mathrm{kg}$ e Giove, $k \approx 10^{-24}$ ed è trascurabile, per cui anche la variazione di velocità di Giove ($v_2^\prime-v_2$) sarà trascurabile. Poiché conosciamo i parametri orbitali possiamo anche calcolare esplicitamente la nuova velocità:
$$v_1’= \sqrt{\frac{2GM_{\odot}}{r_2}}\bqty{\sqrt{2} -\frac{1}{\sqrt{1+r_2/r_1}}}$$
La velocità dopo la collisione sarà parallela a quella prima della collisione. La navicella è accelerata se $v_1^\prime> v_1$, ovvero facendo i calcoli se $r_2>r_1$, per cui ad esempio lanciandola dalla Terra possiamo rallentarla fiondandola su Venere, mentre su un pianeta esterno è sempre accelerata, purché gli passi dietro. L’energia della navicella dopo l’urto è data da:
$$E’ = \frac{1}{2}m v_1’^2 -\frac{ GM_{\odot}m}{r_2} =\frac{GM_{\odot}m}{r_2}\bqty{1 -\frac{2\sqrt{2}}{\sqrt{1+r_2/r_1}}+\frac{1}{1+r_2/r_1}}$$
Svolgendo i calcoli abbiamo:
$$E’>0 \,\,\,\,\,\,\iff \,\,\,\,\,\, r_2/r_1>2(1+\sqrt{2})\approx 4,8$$
Per cui se il rapporto tra i due raggi è maggiore di $4,8$ la navicella raggiunge la velocità di fuga dal sistema solare e seguirà quindi una traiettoria iperbolica. Se invece il rapporto è minore di $4,8$ rimarrà in una traiettoria ellittica attorno al Sole.
La semplificazione cruciale in tutto questo calcolo è stata impostare il problema in modo che la velocità del pianeta e della navicella fossero parallele. Nel caso in cui non lo siano, come per la sonda Voyager, se volessimo di nuovo modellare la traiettoria come un urto, avremmo un problema: avremmo cioè quattro incognite (le velocità del pianeta e della navicella nelle due direzioni) ma solo tre equazioni (due per l’impulso e una per l’energia). Per cui ci servirebbe un’ulteriore condizione, che in questo caso però non è ovvia. A questo problema dedichiamo il prossimo articolo.