In meccanica quantistica è spesso utile studiare le rappresentazioni del gruppo di simmetria della teoria, che è solitamente un gruppo di Lie. Ad esempio, le diverse possibili rappresentazioni del (rivestimento universale del) gruppo di Lorentz corrispondono ai diversi possibili tipi di particelle contenuti nella teoria. A tale scopo dimostriamo qui due utili risultati nella teoria dei gruppi di Lie:
- Se il gruppo di Lie $G$ è semplicemente connesso, allora tutte le rappresentazioni di $G$ derivano da una rappresentazione della sua algebra di Lie.
- Un’algebra di Lie e la sua complessificazione hanno le stesse rappresentazioni.
1. Rappresentazioni del gruppo e dell’algebra
Data una rappresentazione di un gruppo di Lie $G$, questa si traduce automaticamente in una rappresentazione della sua algebra $\mathfrak g$. Il contrario non è sempre vero: esistono rappresentazioni di $\mathfrak g$ che non sono rappresentazioni di $G$. Il tipico esempio è dato dalle rappresentazioni spinoriali di $\SO(3)$, che sono in realtà date dall’esponenziale delle rappresentazioni di $\mathfrak{so}(3)$ ma non sono rappresentazioni di $\SO(3)$. Nel caso in cui $G$ sia semplicemente connesso, invece, ogni rappresentazione dell’algebra si eleva ad una rappresentazione del gruppo. Per dimostrare questa affermazione, ci serviamo del seguente risultato:
Proposizione. Siano $G$ e $H$ gruppi di Lie con algebre di Lie $\mathfrak g$ e $\mathfrak h$ e sia $\phi : \mathfrak g \to \mathfrak h$ un’omomorfismo di algebre di Lie. Se $G$ è semplicemente connesso, allora esiste ed è unico l’omomorfismo di gruppi di Lie $\Phi: G\to H$ tale che $\Phi(e^X) = e^{\phi(X)}\,\,\, \forall X \in \mathfrak{g}$.
La dimostrazione è particolarmente lunga e diamo solo uno schizzo. Va notato che per la formula di Baker-Hausdorff-Campbell l’omomorfismo esiste sempre localmente, cioè in un intorno sufficientemente piccolo dell’identità. Possiamo quindi provare ad estendere globalmente l’omomorfismo locale. Se l’omomorfismo locale $f$ è definito in un intorno $U$ dell’origine e vogliamo estenderlo ad un punto $x$ fuori da $U$, possiamo procedere nel modo seguente: prendiamo un cammino $x(t)$ da $I$ a $x$ ($G$ è supposto connesso); possiamo quindi scegliere una partizione del cammino, cioè una serie di punti $t_n$ sul cammino in modo tale che per $t,s \in [t_{k}, t_{k+1}]$ allora $x(t)x(s)^{-1} \in U$ (ciò è sempre possibile). A questo punto definiamo l’omomorfismo in $x$ nel modo seguente:
$$\Phi(x) = f(x(1)x(t_{n-1})^{-1})f(x(t_{n-1})x(t_{n-2})^{-1})\cdots f(x(t_{2})x(t_{1})^{-1})f(t_1)$$
Possiamo quindi dimostrare che $\Phi(x)$ è indipendente dalla partizione scelta. A questo punto rimane da dimostrare che $\Phi(x)$ è indipendente dal cammino scelto: questa dimostrazione richiede crucialmente di poter deformare un cammino nell’altro, e pertanto richiede che $G$ sia semplicemente connesso. Possiamo quindi enunciare il teorema che ci serviva:
Teorema. Sia $G$ un gruppo di Lie semplicemente connesso, e $\mathfrak g$ la sua algebra di Lie. Allora $G$ e $\mathfrak g$ hanno le stesse rappresentazioni.
Dimostrazione. “Stesse rappresentazioni” va inteso nel senso seguente: data una rappresentazione $\Phi$ di $G$ esiste una rappresentazione $\phi$ di $\mathfrak g$ tale che $\Phi(e^X) = e^{\phi(X)}$ e viceversa. Sappiamo già che ogni rappresentazione del gruppo discende ad una rappresentazione dell’algebra. Ora dimostriamo la conversa.
Sia $\phi$ una rappresentazione di $\mathfrak g$. Allora $\phi$ induce un’omomorfismo locale che per la proposizione precedente può essere esteso globalmente. Ciò dimostra l’esistenza. Per l’unicità, poiché $G$ è connesso, allora ogni $A \in G$ può essere espresso come:
$$A = e^{X_1} e^{X_2} \cdots e^{X_n}$$
Per cui se esistono due omomorfismi che coincidono sugli $X_i$ e soddisfano $\Phi(e^X) = e^{\phi(X)}$, allora coincidono su $G$. $\square$
2. Rappresentazione dell’algebra e della sua complessificazione
Quando studiamo le rappresentazioni di un’algebra di Lie reale, è sempre più semplice studiare le rappresentazioni della sua complessificazione: il motivo è che $\mathbb R$ non è algebricamente chiuso, al contrario di $\mathbb C$, per cui molti risultati utili che valgono su $\mathbb C$ non valgono su $\mathbb R$. Si può pensare che complessificando l’algebra si ottengano rappresentazioni diverse: in realtà non è così, come mostrano i due risultati seguenti.
Proposizione. Sia $\mathfrak g$ un’algebra di Lie sui reali, e $\mathfrak g_\mathbb{C}$ la sua complessificazione. Data un’algebra di Lie $\mathfrak h$, ogni omomorfismo di algebre reali $\mathfrak g \to \mathfrak h$ ammette un’unica estensione ad un omomorfismo di algebre complesse $\mathfrak g_\mathbb{C} \to \mathfrak h$.
Questa è la cosiddetta universalità della complessificazione. L’estensione è data nell’unico modo possibile, ovvero $\phi(X+iY) = \phi(X)+i\phi(Y)$.
La conversa è ancora più semplice. Dato un’omomorfismo $\mathfrak g_\mathbb{C} \to \mathfrak h$, possiamo semplicemente considerare la restrizione dell’omomorfismo a $\mathfrak g$, che ci da una rappresentazione dell’algebra reale.
Per chi volesse approfondire questi temi, può dare un’occhiata ad Hall, Lie groups, Lie Algebras and Representations, e in particolare alle proposizioni 5.6 e 3.39.